domenica 22 ottobre 2017

"PRIMA DELL'ALBA" di Paolo Malaguti: un romanzo nella sconfitta

È una fredda mattina del 1931. L’ispettore Malossi è svegliato da una telefonata della questura: abbandonato sui binari della ferrovia Firenze-Prato, giace un cadavere. Non è il corpo di un uomo qualsiasi, ma quello del generale Andrea Graziani, luogotenente della Milizia fascista ed “eroe” della Grande guerra. Come è morto l’anziano militare? Si è trattato di un incidente o di un omicidio? È l’inizio di “Prima dell’alba” (Neri Pozza), il nuovo romanzo di Paolo Malaguti, che accompagna il lettore in un’avvincente indagine a ritroso nel tempo, fino ai giorni bui del Primo conflitto mondiale. «Ho pensato per anni a un libro sul dramma dei soldati nella Grande guerra» spiega l’autore, trentanove anni e da molto tempo residente nella zona del Monte Grappa.
«Qui la memoria del conflitto è ancora vivissima, quasi in ogni famiglia c’è un appassionato che ha il suo piccolo museo di reperti di guerra. I segni delle battaglie come Caporetto sono ancora dappertutto e favoriscono anche nei giovani l’interesse per quel periodo storico. Ma a darmi lo spunto per iniziare a scrivere è stata la vicenda del generale Graziani: la sua morte misteriosa negli anni Trenta e i crimini che ha commesso quando era al fronte».
Noto alle cronache per la brutalità nei confronti dei sottoposti, lo spietato generale “fucilatore” compì il suo gesto più efferato durante la tragica ritirata del 1917, condannando a morte il ventiquattrenne artigliere Alessandro Ruffini, reo di aver fatto il saluto militare con il sigaro in bocca. Partendo da questo episodio storico, Malaguti propone una possibile soluzione per un cold case dimenticato dalla storia, per allargare lo sguardo a un tema più ampio, quello delle punizioni disumane che venivano inferte ai fanti italiani. Soldati, nati nelle aree più povere e arretrate del paese, che spesso non riuscivano nemmeno a capirsi tra di loro, in un contesto dove un piccolo errore di comunicazione poteva fare la differenza tra la vita e la morte. «Ho potuto ricostruire l’atmosfera di quei giorni», racconta Malaguti, «grazie al libro sul gergo di trincea 1914-18 Parole dal fronte di Saverio Mirijello, che mi ha dato gli strumenti per scrivere dialoghi il più possibile credibili. Perché quello che volevo era portare alla luce un aspetto che ancora oggi, a cent’anni di distanza, si fa fatica ad affrontare: la realtà di una guerra non compresa e non voluta da quegli italiani — spesso poveri contadini — che formavano il grosso della truppa» e che erano trattati dagli alti gradi come carne da cannone. (di Luigi Gaetani, “la Repubblica” del 22 Ottobre 2017)

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