giovedì 30 ottobre 2008

QUELL'INSPIEGABILE SENSO D'ITALIA - VOL. 2


sabato 18 ottobre 2008

PER OGNI SUCCESSO C'E' SEMPRE UN FALLIMENTO

Tra un paio di mesi Roger Tsien e Martin Chalfie saranno a Stoccolma per ricevere il Nobel per la Chimica e 450.000 dollari, come premio per aver messo a punto una rivoluzionaria tecnica per studiare le cellule. Ma lo scienziato che ha realizzato la ricerca iniziale, l'individuazione del gene di una medusa che produce una proteina fluorescente, senza la quale il lavoro di Tsien e Chalfie non sarebbe stato possibile, ha lasciato l'attività scientifica. Douglas Prasher, che nei primi anni '90 lavorava per l'istituto di ricerca Woods Hole Oceanographic Institution del Massachusetts, aveva condotto infatti una ricerca sulla medusa Aequorea victoria. "Sapevo che la proteina che studiavo avrebbe potuto essere utilizzata come marcatore genetico e che sarebbe stata molto utile, come in effetti si è rivelata". Lo scienziato smise però di lavorarci per ragioni personali e cercò un altro lavoro, abbandonando le meduse. Fu poi contattato separatamente da Chalfie e Tsien per il gene che aveva individuato. Ora lo scienziato che isolò quel gene fa l'autista per un rivenditore di automobili a Huntsville, Alabama, per 10 dollari l'ora. Dopo l'annuncio del Nobel per la Chimica, la settimana scorsa, diversi media sono andati a scovare Prasher a Huntsville. A tutti l'ex ricercatore di 57 anni ha risposto che non si sarebbe sentito a suo agio se fosse stato incluso tra i vincitori del Nobel. "Altri lo avrebbero meritato molto più di me" dice. "È normale che ci siano persone che lavorano con enormi sacrifici, dedicando la loro vita alla scienza, senza ricevere il Nobel".

mercoledì 15 ottobre 2008

QUELL'INSPIEGABILE SENSO D'ITALIA





domenica 5 ottobre 2008

QUANDO LA DEMOCRAZIA E' AZZOPPATA

L'utilità della libertà di espressione e di voto non si misura solo a partire dal suo "rendimento" concreto, dall'efficacia pratica dei risultati. Se servisse solo per affermare idee incontrastabili, non si spiegherebbe perché, per quanto faticosamente, tale principio regga ancora in Italia. La libertà di espressione si ridurrebbe infatti ad essere un semplice utensile per realizzare e smerciare dei "prodotti" pubblici e/o privati; un sistema e un metodo per decidere allo stesso modo di un'azienda qualsiasi. La libertà di espressione ha valore in sé: essa è un valore in sé. Le procedure mediante cui essa si realizza fungono da fonte di legittimazione perché garantiscono il riconoscimento al diritto di manifestare il proprio pensiero, e soprattutto il dissenso in modo civile. La libertà di manifestazione del pensiero, se espressa civilmente, è utile e necessaria proprio perché, se oggettiva ed obiettiva, permette il confronto critico, incanala il dissenso sociale, garantisce la mediazione critica e sostituisce la partecipazione allo scontro. Essa, peraltro, offre un sostegno importante e insostituibile alla vera democrazia rappresentativa. Devia le forme di dissenso dentro alle logiche e alle regole del confronto civile. Isola ed estromette le frange più estreme, le pulsioni incontrollabili e le tentazioni più violente. Se essa non può essere strumento per “gestire” il malessere e le tensioni sociali, chi vi partecipa e accetta quella altrui riconosce implicitamente il gioco della democrazia. Perché si trasferisce il confronto dalla piazza a metodi e mezzi rappresentativi più civili, e quindi si preferisce attivamente la logica della libera manifestazione di pensiero a quella dello scontro. Senza ad esempio la libertà di stampa e di espressione democratica invece, la società si ritrova azzoppata e costretta al silenzio. Se si mette un bavaglio a questi diritti si sancisce, semplicemente, che la democrazia è una “cosa” inutile. Che la partecipazione non serve, che l'ascolto e la comunicazione sono soltanto dei vizi. Che magari è perfino meglio decidere ignorando il dissenso, dichiarando cioè preventivamente "illegittima" la minima possibilità di farlo emergere. Ma la libertà di libera espressione, che è una forma diretta della democrazia, ha una sua funzione “terapeutica”, prima che concreta e strumentale: serve a curare, prevenendola, dall’estremizzazione dei rapporti sociali e politici, a evitare che la loro possibile frustrazione degeneri, intaccando il corpo stesso del dialogo civile. Quando la libertà di espressione è resa sterile, inutile, insignificante, quando è svuotata del suo reale valore, allo stesso modo della democrazia, allora è lecito avere paura non solo del proprio futuro.
(Un ringraziamento personale a Ilvo Diamanti)

venerdì 3 ottobre 2008

STRAGI SOTTO TRACCIA

Nelle ultime 3 settimane 8 bambini sono stati uccisi in famiglia. Come dire quasi 1.000 vittime l’anno tra omicidi e suicidi, il doppio di quante ne fanno insieme mafia e terrorismo. Il vertice dell’aumento dei delitti l’abbiamo toccato nel corso degli ultimi 2 anni. Mai si erano contate così tante vittime di omicidi e suicidi legati a vicende familiari. Il fenomeno può essere spiegato con la solitudine delle coppie in grave conflitto tra loro e anche con l’aumento delle separazioni chieste dalle donne: in 6 casi su 10 sono infatti le donne a decidere di troncare il rapporto e a rivolgersi all’avvocato, e questa condizione spesso l’uomo non riesce a sopportarla. Le ragioni di questo rifiuto sono spesso facilmente comprensibili: in molti casi, si tratta di persone che hanno subìto dei maltrattamenti in famiglia.In che modo si può comunque prevenire la violenza sotto il tetto domestico? Per prima cosa, non sottovalutando le avvisaglie: la gran parte di questi fatti di sangue deriva da separazioni e divorzi gestiti non sempre al meglio e le cui vicende spesso vengono sottovalutate dagli addetti ai lavori. Ogni giorno vengono emessi dagli ospedali italiani centinaia di referti medici che attestano lesioni subite da donne e bambini tra le mura familiari.
Si tratta di una barbarie che non possiamo più trascurare. Ma come prevenire queste tragedie domestiche? Tanto per cominciare, secondo gli operatori sociali e legali più esperti, bisognerebbe provvedere al potenziamento dei servizi sociali di assistenza, e forse, anche ad istituire uno specifico corpo di polizia specializzato nei reati intrafamiliari, creando così una corsia preferenziale per le denunce di maltrattamenti in famiglia. Non si possono seguire i tempi delle altre indagini, se non c’è un intervento immediato, in questi casi si corre il rischio di arrivare troppo tardi: statisticamente il 50% delle stragi è solitamente una tragedia annunciata perchè preceduta da denunce e referti medici.
Quale ultimo aspetto, ma non certo per importanza, ci vorrebbe inoltre maggior celerità nelle cause di separazione. In questi casi e nei divorzi altamente conflittuali, quando ci sono dei sospetti di maltrattamento, i mariti dovrebbero essere subito allontanati da casa. E se una delle parti ha depositato copie di referti medici o di denunce penali l’udienza dovrebbe essere fissata dopo qualche giorno, al massimo entro 7 giorni, sostengono sempre gli operatori sociali e legali più esperti. Non è infatti possibile, in questi casi, seguire la trafila tradizionale. In una separazione giudiziale su 3 vengono allegati agli atti copie di referti medici e denunce. Insomma, basta con le troppe parole, bisogna finalmente provvedere: la violenza tra le mura domestiche è un dramma che non può essere più sottovalutato dalle forze politiche e dalla magistratura.