martedì 27 ottobre 2009

IL PADRE DEI MUTILATINI, DON CARLO GNOCCHI

Don Carlo Gnocchi (1902-1956), beatificato domenica 25 ottobre a Milano, prete che fu cappellano militare alpino nella Julia durante la Seconda Guerra Mondiale ("Non basta benedire chi parte -ebbe a dire al cardinale Schuster- bisogna partire con loro"), e che a seguito della tragica esperienza della guerra si adoperò ad alleviare le piaghe di sofferenza e di miseria create da quest'ultima, era una di quelle persone che stanno dietro, in fondo, e camminano insieme agli ultimi della fila. La sua, pur segnata da molte sofferenze, fu una vita degna di essere raccontata sempre per gli esempi morali e universali che se ne traggono in continuazione. L'ultimo suo gesto d'amore lo fece, una volta morto, donando le cornee a due suoi mutilatini: fu il primo trapianto di organi effettuato in Italia. Una volta scrisse a un suo superiore: "La cosiddetta carriera, Lei sa che io la lascio volentieri agli altri". Seguì invece l'unica carriera che conti davvero.

lunedì 26 ottobre 2009

PUBBLICO E PRIVATO

“E’ giusto sottolineare il nesso invincibile di coerenza che ci deve essere tra vita pubblica e vita privata. È facile sostenere che la sfera della privacy deve esistere per tutti e che anche l’uomo pubblico ha diritto a godere della sua libertà di comportamento in quest’ambito. Tuttavia, proprio perché ha scelto di proporsi come uomo pubblico (e, va ribadito con forza, di scelta si tratta, a cui ci si può tranquillamente sottrarre se si vogliono aumentare le proprie libertà d’azione), egli non può esimersi dal considerare che il suo comportamento in qualunque sfera non può mettere a repentaglio quella dote che gli inglesi chiamano accountability. La traduzione non facile, perché il termine mette insieme la affidabilità, la limpidezza, la responsabilità che chiunque deve sapere a priori che troverà nell’uomo pubblico, specie se investito di delicate responsabilità gestionali. Quando un comportamento privato non solo diventa pubblico generando “scandalo” per le sue contraddizioni (cioè non è ritenuto accettabile dalla etica civile corrente), ma addirittura mette chi lo pratica nelle condizioni di essere ricattabile e dunque ricattato, ecco che la accountability di quell’uomo pubblico crolla. L’Italia è un Paese di tradizione tollerante, ed è sempre disposta a considerare che “la carne è debole”, ma ci sono dei limiti. Per dirla con una immagine: avere paura del fuoco è del tutto umano e comprensibile, ma nominare pompiere chi ha paura del fuoco è una imprudenza. Il rispetto per la persona non deve venire mai meno, ma prima viene quello fondamentale per le istituzioni. Un rispetto che non deve mai mancare e dal quale nessuno può abdicare. In gioco c’è la spina dorsale e civile di una società.” (Un ringraziamento personale a Paolo Pombeni)

sabato 24 ottobre 2009

FINO A QUANDO

"Non si diventa vecchi in un giorno, lo si diventa un minuto alla volta, e un minuto non è nulla, in fondo ce ne sono ancora tanti. Non ci si ammala e si muore perché milioni di cellule degenerano tutte insieme, ma una per volta, fino a quando le cellule malate sono troppe perché l'organismo possa sopravvivere." (Un ringraziamento personale a Vittorio Zucconi)

sabato 10 ottobre 2009

UN NOBEL ALLA SPERANZA

Conferire un premio tanto ambito come il Nobel a chi non è ancora riuscito a realizzare le speranze di pace sue e del mondo sembrerebbe, più che postmoderno, addirittura illogico e ingiusto. Ma né la logica, né la giustizia hanno mai fatto la Storia. Le svolte storiche, invece, son sempre avvenute in momenti fortemente critici e tramite avvenimenti all'apparenza illogici. Sembra irrazionale ed antiestetico conferire il Nobel per la Pace a chi promette, o spera, di poterla attuare, ma dovremmo andare al di là del semplice giudizio logico o realistico. La verità è che il mondo è cambiato e, con esso son cambiate le regole dell'esistenza e i metri di giudizio. È difficile accettare tali mutamenti epocali, perché gli uomini, e dunque le nazioni e la politica, sono per abitudine restii al cambiamento. Ma alcuni esseri umani riescono a guardare oltre le usuali prospettive della tradizione e della consuetudine. Oltre ciò che in un determinato momento storico viene definito normale oppure giusto. Barack Obama è uno di loro. E, a quanto pare, lo sono anche i membri del Comitato per il Nobel. (Un ringraziamento personale ad Anna Maria Cossiga)

domenica 4 ottobre 2009

FANGO SULLA COSCIENZA

A Messina il fango esisteva già, nei pensieri, nelle paure, negli incubi. L’acqua fa semplicemente il suo corso e se le case sono costruite dove non si dovrebbe, se sono sul greto di un fiume, allora cosa vogliamo aspettarci? Fango ignorato, ora è anche sulle lenzuola bianche. Uno tsunami di fango, non si può chiamarlo diversamente. Pioggia, pioggia, ancora pioggia, e poi onde di fango alte 3 metri che invece che venire dal mare, al mare andavano. Onde di fango che stavolta hanno fatto sul serio, purtroppo, non come 2 anni fa, onde che hanno inferto il colpo più crudele a paesini arroccati sul mare, come è caratteristica di queste zone, a paradisi semidimenticati, a un’Italia minore che molto volentieri minore avrebbe voluto continuare a restare, invece di finire sui telegiornali. E’ successo quello che doveva succedere quando le colline rimangono senza alberi, perché le incendiano o perché li tagliano, gli alberi. Questo incrocio di dolore e di morte, di mare e di rovine che sa tanto di Sud est asiatico, anche vicino ad un grande Ponte, resterà solo un altro piccolo macigno sulla coscienza dei politici e di chi sapeva di dover fare qualcosa prima. In disastri del genere, prevedere il momento della frana è praticamente inutile. Prevenire è l’unica soluzione. Secondo i rapporti ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale), negli ultimi 80 anni la penisola italiana è stata colpita da 5.400 alluvioni e 11.000 frane con 70.000 persone coinvolte, mentre i danni negli ultimi 20 anni ammontano a 15 miliardi di euro. Il clima sta diventando più aggressivo, dicono. Tanta pioggia può essere critica se cade su una zona predisposta. Spesso si costruisce senza attenzione, non badando ai rischi. In seguito all’alluvione di Sarno nel maggio del 1998, il governo di allora emanò un Decreto che di fatto costringeva le regioni a individuare tutte le aree a rischio dell’Italia. Questo lavoro fu svolto in fretta, ma produsse delle utili mappe del rischio idrogeologico ancora valide per identificare le aree più propense a disastri naturali. Ma una mappa da sola non basta, se non ci sono delle norme che limitano o impediscono la costruzione sulle aree a rischio. E’ teoricamente anche possibile rinforzare la resistenza del suolo, ma i costi sono proibitivi. La bonifica dal rischio idrogeologico della Calabria, per esempio, costerebbe 1 miliardo di euro all’anno per 15 anni. Per mettere al sicuro l’intera Italia, tale cifra dovrebbe essere 20 volte superiore. I comuni classificati come a forte rischio idrogeologico in Italia sono infatti 5.581. Il 21,1% dei comuni italiani ha nel proprio territorio delle aree soggette o a rischio di frana. La tragedia di Messina si poteva evitare grazie alla prevenzione, ma non prevedere con facilità. Dai valori delle piogge e dall’analisi delle mappe di rischio, si può immaginare quando e dove ci sarà la prossima frana. Tuttavia, spiegano schiettamente i tecnici, si tratta di previsioni generali e teoriche, che per essere più precise hanno bisogno di un monitoraggio continuo e dai costi attualmente insostenibili. (Un ringraziamento particolare a Roberto Inchingolo e a Marino Sorriso Salvo)

sabato 3 ottobre 2009

UOMINI E CANI

Nel dissesto idrogeologico di Messina, una delle tante tragedie annunciate che colpiscono a orologeria il nostro Paese, ci sono anche storie di cani, come per esempio, quella di Rott, 3 anni, rottweiler della Protezione civile, addestrato a fiutare segnali di vita dove tutto sembra morto, perduto. Alle 3 di notte il cane ha impedito per 3 volte al suo istruttore di mollare il sondaggio in un certo punto di un torrente. Tutto sembrava inutile ai soccorritori. Ma Rott ha insistito sino a quando dal limo è affiorata la carcassa d’auto. Dentro la prima vittima, un uomo della sciagura di Messina.