sabato 14 giugno 2008

PIOGGIA D'ESTATE (Nazim Hikmet)

Pioggia d'estate cade dentro di me
acini d'uva si schiacciano contro i miei vetri
gli occhi delle mie foglie sono abbagliati
pioggia d'estate cade dentro di me
piccioni d'argento volano dai miei tetti
la mia terra corre coi piedi nudi
pioggia d'estate cade dentro di me
una donna è scesa dal tram
i polpacci bianchi bagnati
pioggia d'estate cade dentro di me
senza rinfrescare la mia tristezza
pioggia d'estate cade dentro di me
all'improvviso s'arresta
il peso dell'afa è rimasto dov'era
al termine delle grosse rotaie
arrugginite.

Mi dà particolare soddisfazione sapere che tra i visitatori del mio blog posso contare su lettori così attenti.
Rispondo così con piacere al cortese commento ricevuto nei giorni scorsi, tramite cui mi si chiede di inserire qualcosa di Nazim Hikmet (1901-1963), altro poeta che amo e col quale, leggendo l'autobiografia, ho scoperto di condividere un particolare momento della mia vita.
Nazim Hikmet (Nâzım Hikmet Ran) nacque a Salonicco. Il suo primo contatto con la poesia avvenne grazie al nonno paterno. Questi infatti, oltre che pascià e governatore di varie province, era anche scrittore e poeta in lingua ottomana, vale a dire in una lingua, come scrisse Hikmet stesso, “in cui la maggior parte delle parole erano arabe o persiane”. Hikmet studiò per un breve periodo nel liceo francese di Galatasaray (Istanbul), poi anche nell'Accademia della Marina militare che però dovette abbandonare per ragioni di salute; scappò in Anatolia, dove si svolgeva la guerra di liberazione guidata dal nazionalista Atatürk (Mustafà Kemal) e qui fece il maestro di scuola a Bolu. Nel 1921, a soli 19 anni, lasciò il partito kemalista. Scoperti i testi di Marx e la rivoluzione sovietica, dai quali rimase affascinato, decise di emigrare: andò a Mosca e s'iscrisse alla facoltà di sociologia dell'Università comunista dei lavoratori d'Oriente. In questo periodo, sempre continuando a frequentare l'università, Hikmet conobbe Lenin ed incontrò Esenin e Majakovskij. Tornato in patria nel 1924, dovette scappare dopo appena un anno, quando fu arrestato e accusato di collaborare con una rivista di sinistra. Tornato in Turchia soltanto nel 1928 e senza il visto, scrisse vari articoli e componimenti. Fu condannato alla prigione per il suo ritorno irregolare ma nel 1935 gli venne concessa l’amnistia. Nel 1938 fu condannato dal governo turco, fortemente anticomunista, a 28 anni e 4 mesi di prigione per le sue attività antinaziste ed antifranchiste. Nel 1949 si creò una commissione che si battè per la sua liberazione (di questa facevano parte, tra gli altri, Jean Paul Sartre e Pablo Picasso) ed un anno dopo Hikmet venne liberato. Si sposò con Münevver Andaç, traduttrice in francese e polacco. A causa delle forti pressioni prodotte dal governo, fu costretto a ritornare in Unione Sovietica, ma la moglie e il figlio non poterono seguirlo. Nel 1959 perse la cittadinanza turca e scelse di diventare cittadino polacco. Nonostante un secondo attacco di cuore continuò a viaggiare e a lavorare intensamente, visitando l’Europa dell’Est, Roma, Parigi, L’Avana e Pechino. Nazim Hikmet morì a Mosca il 3 giugno 1963 (nello stesso giorno in cui spirava papa Giovanni XXIII), colpito da un infarto. Nel 2002, ad un secolo dalla sua nascita, a seguito anche alla petizione firmata da oltre mezzo milione di cittadini turchi, il governo turco ha deciso di ridare a Nazim Hikmet la cittadinanza turca toltagli nel 1951.
Ho voluto descrivere un po’ la vita di Hikmet perchè merita di essere conosciuta almeno nelle linee essenziali e per contribuire a far sì che chi non conosce molto la sua esperienza umana possa meglio approfondirla per apprezzare maggiormente la sua poetica. Protagonista (spesso vittima) di una esistenza assai travagliata, Hikmet era capace nello stesso tempo di far piangere e sorridere, di amare, di soffrire e di cantare la bellezza della vita. “E cantava - racconta il suo amico Pablo Neruda - prima piano e poi sempre più forte, a squarciagola, per vincere la sua debolezza e rispondere ai suoi torturatori. Cantava in mezzo agli escrementi delle latrine, dove lo avevano costretto a stare dopo averlo fatto a camminare fino all'esaurimento delle forze”.


ALLA VITA

La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell'al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non é uno scherzo.

Prendila sul serio ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla é più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio

ma sul serio a tal punto
che a settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.

Chi meglio di Hikmet, e di pochi altri poeti, può esaltare il dolore e la gioia della vita per cui vale comunque la pena affrontarla?

IL PIU' BELLO DEI MARI


Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.

Grazie a Nazim Hikmet per quello che ci ha dato, nonostante tutto ciò che da uomo ha subito da parte dei suoi simili, e grazie ancora all’anonimo lettore del mio blog per avermi permesso di ricordarlo in questo piccolo spazio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sono io che devo ringraziare l'autore per aver risposto alla mia richiesta su N.Hikmet!...ed, involontariamente, lei mi ha letto nel pensiero, citando due poesie che sono molto importanti per me... "alla vita"... e condivido quando dice che in sé questo brano racchiude la bellezza e la tristezza della vita... e "il più bello dei mari"... che ho imparato a memoria quand'ero adolescente (alcuni anni fa, non sono vecchissima!..poi dipende quando termina l'adolescenza...se termina!!!!!!) e che non mi ha più abbandonato...Ho sempre pensato a questa poesia come ad una bellissima dichiarazione d'amore che una persona potrebbe fare!...o ricevere!!! Complimenti per la forma chiara con cui scrive e per la profondità dei contenuti. Tornerò presto a visitare il blog. Gioia