venerdì 3 luglio 2009

ONESTA' E CORAGGIO CHE VENGONO DA LONTANO

1) Ha trovato per strada il portafoglio perso da un dirigente calcistico con 15mila euro fra contanti e assegni e, da vera persona onesta, lo ha consegnato alla polizia. Protagonista del gesto, avvenuto a Trento, un marocchino disoccupato. Abdessamad Nesmy, 39 anni - racconta il quotidiano "L'Adige" - non trovando alcun numero telefonico all'interno del portafoglio si è recato subito in questura. Qui gli agenti sono riusciti a risalire al proprietario, Claudio Tonetti, vicepresidente del Mezzocorona Calcio. Ormai rassegnato alla perdita del portafoglio, di cui aveva denunciato la scomparsa, l'uomo ha così potuto riottenere la somma e lasciare la giusta ricompensa al marocchino. "I soldi piacciono a tutti - dice Nesmy - ma io non prenderei mai nulla che non sia mio". E aggiunge: "Da febbraio sono disoccupato, per la crisi ho perso il lavoro come magazziniere, ma quei soldi non li avrei mai tenuti";
2) Il Principe degli Angeli di una notte di fiamme veniva dall’altra parte del mare. Si chiamava Hamza e aveva 16 anni, frequentava un istituto tecnico di qui e andava pazzo per il pallone, come i nostri ragazzi, come gli amici che aveva lasciato in Marocco. Il destino ha voluto inchiodarlo a un disastro, quello alla stazione ferroviaria di Viareggio (Lucca), e si sa che i disastri richiedono eroi. Per questo Hamza, quando lingue di fuoco alte fino a quaranta metri hanno avvolto la sua casa dall’altra parte della stazione, dalla parte povera di una Viareggio che pure sul mare fa risplendere tutto il suo liberty, ha cominciato a perlustrare le stanze a una a una come una furia, in cerca della sorellina di due anni. Non hanno potuto fermarlo. Ha trovato la bambina, Hamza, e l’ha issata sulle sue braccia forti di adolescente fino a scaraventarla dolcemente fuori della casa, fuori pericolo, terrorizzata ma viva come il cuore forte del ragazzo aveva voluto. In quella casa c’è rimasto lui, povero Angelo, prima svenuto, poi asfissiato e infine miseramente carbonizzato. Irriconoscibile si sarebbe detto, se solo la disperazione della sorella più grande - vent’anni e pure anche lei così forte e decisa - non l’avesse strappato a una misera sepoltura riconoscendo i resti della collanina che Hamza portava sempre al collo. Tutto questo è accaduto in un pomeriggio appiccicoso di fine giugno all’ospedale di Pietrasanta, con un crocchio di altri marocchini fuori che raccontavano e piangevano Hamza e le sue gesta. Una comunità unita, discretamente integrata, che adesso ha trovato il suo martire e vuole pur dirlo al resto del mondo.

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