martedì 22 aprile 2008

CONTRO LA GUERRA - AGAINST THE WAR

Due anni fa venne pubblicato un mio libro intitolato "Impressioni oblique - Critica cinematografica Vicentina 1945-46 di Renato Ghiotto" (recensioni in Rete: http://www.editriceveneta.com/vedi_libro/index.php?bookID=704 ; http://www.ladomenicadivicenza.it/a_60_IT_736_1.html ).
Nel volume raccolsi tematicamente le recensioni scritte da Renato Ghiotto, una delle migliori firme del giornalismo vicentino, sul cinema mondiale nel periodo d'oro 1945-1946, così come esso venne vissuto nei cinema della mia città. In quel testo riportai il celebre monologo pronunciato da Charlie Chaplin in "The great dictator" ("Il grande dittatore") (1940), che nel film è un artigiano ebreo sostituitosi al “grande” dittatore Adenoid Hynkel:


"(…)
Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre. Dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c'è posto per tutti. La natura è ricca e sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato: l’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’ odio, ci ha condotti a passo d'oca fra le cose più abbiette. Abbiamo i mezzi per spaziare ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà. La scienza ci ha trasformati in cinici, l’avidità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari ci serve umanità. Più che abilità ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L'aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti. La natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell'uomo, reclama la fratellanza universale, l'unione dell’umanità.
Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono io dico: non disperate. L'avidità che ci comanda è solamente un male passeggero: l'amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L'odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo. E qualsiasi mezzo usino la libertà non può essere soppressa.
Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare! Che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un’anima: uomini-macchina con macchine al posto del cervello e del cuore! Voi non siete macchine! Voi non siete bestie! Siete uomini! Voi avete l'amore dell’umanità nel cuore! Voi non odiate! Coloro che odiano sono quelli che non hanno l’amore altrui.
Soldati! Non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate: nel Vangelo di San Luca è scritto che il regno di Dio è nel cuore dell'uomo: non di un solo uomo o di un gruppo di uomini ma di tutti gli uomini! Voi! Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare che la vita sia bella e libera, di fare di questa vita una splendida avventura. Quindi, in nome della democrazia, usiamo questa forza, uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo, che sia migliore, che dia a tutti gli uomini lavoro, ai giovani un futuro, ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere. Mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno! I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo.
Allora combattiamo per mantenere quelle promesse, combattiamo per liberare il mondo eliminando confini e barriere, eliminando l'avidità, l'odio e l'intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati, nel nome della democrazia siate tutti uniti!
Hannah, puoi sentirmi? Dovunque tu sia, abbi fiducia! Guarda in alto, Hannah! Le nuvole si diradano, comincia a splendere il sole. Prima o poi usciremo dall’oscurità verso la luce e vivremo in un mondo nuovo, un mondo più buono, in cui gli uomini si solleveranno al di sopra della loro avidità, del loro odio, della loro brutalità. Guarda in alto, Hannah! L'animo umano troverà le sue ali e finalmente comincerà a volare. A volare sull'arcobaleno, verso la luce della speranza, verso il futuro, il glorioso futuro che appartiene a te, a me, a tutti noi... Guarda in alto, Hannah, lassù!
"
(C. Chaplin, "La mia autobiografia", trad. it. Milano 1977, pp. 424-425)


La pellicola uscì a Vicenza con sei anni di ritardo, ma destò lo stesso grande effetto di quando uscì in prima visione a New York, alla fine del 1940.
Ieri sera ho ritrovato un testo che scrissi nel luglio 1995. Parla di una delle tante vittime di una guerra assurda, l'ennesima e purtroppo nemmeno l'ultima. Una guerra non lascia soltanto ferite esterne, ma lacera dentro, e certe sue cicatrici non si rimarginano.

"LA CASA DEI FIORI. Un tempo, dalle finestre azzurre della mia casa a esplodere erano soltanto mille colori. Solo variopinti cuscini di gerani, ciclamini e primule si affacciavano ad accogliere il nuovo giorno di Sarajevo dalle stesse stanze in cui ora bivaccano i cecchini. Lungo le antiche mura, dalle quali oggi mille occhi oscuri guardano la strada deserta, nell'aria che adesso lambisce la pelle bruciata, un tempo erano le sottili ali degli uccelli a disegnare infinite traiettorie. Non i dardi incandescenti, non le scie che portavano croci e distruzione. Di scarlatto e porpora, negli anni in cui fui bambina brillavano solo scintille di petali su quelle stesse pareti dove adesso le unghie dell'odio lasciano cicatrici di morte. D' arancio erano i baci rubati di nascosto ai ragazzi, e all'ombra dei panni candidi come gigli c'erano soltanto dei piccoli a giocare alla guerra. In quel mio antico mondo non c'erano fantasmi, aguzzini o sciacalli a popolare la notte che poi divenne giorno. Non ho più lacrime per piangere gli assassini che salirono e discesero le scale di mio fratello, ma non sarà questo a impedirmi di tornare. Non saranno gli occhi di chi è sopravvissuto, i fiumi dal colore di cenere e sangue, l'arida terra che ospita le profonde radici del risentimento. Tutto ciò che avvelena il ricordo di lontani amori, e il sorriso nell'estate che si distende e si apre come un' immensa, iridescente corona. Ma non mi fermerò neppure adesso, di fronte a tutto ciò che si riduce ad un unico, indefinibile colore, ora che son morti anche gli ultimi fiori alle mie finestre azzurre, e la mia casa a Sarajevo è soltanto colma di dolore e angoscia."

Dell'Hannah di Chaplin è rimasta una traccia, mentre io non ho idea dove la donna a cui dedicai il mio testo tredici anni fa si trovi adesso. Ma ieri sera ho ripensato a lei. E alla folle idea della guerra.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Save. Mi è piaciuta questa tua riproposizione di quel discorso di Chaplin. E' un testo che merita sempre attenzione, purtroppo. Buon lavoro anche a te, Paolo

Anonimo ha detto...

Ciao Sav. Bene anche la versione in italiano del tuo blog. Ci tornerò molto volentieri. Franci :)

Anonimo ha detto...

Oh, ma quante ne combini, doctor ? Bravo, bene, buon inizio. Leggerò il tuo libro. Giangio

Anonimo ha detto...

...è commovente "La casa dei fiori" e leggerla può far male...ma è bello e rincuorante vedere che in una società dove i valori sono sempre più futili e quelli importanti non vengono più considerati, con una televisione che trasmette oramai "il nulla", c'è comunque chi si ferma a riflettere sui temi importanti del mondo. Complimenti!