sabato 12 luglio 2008

COSA RESTA DI LLORET DE MAR

Sono le 4 di un’altra interminabile notte brava trasformata in giorno “como si hoy fuera el último día de mi vida”, e una ragazza italiana s’è persa in quest’ora, nello spazio estremo di una vita parallela e breve che ti sconvolge il ritmo biologico, il buon senso, la capacità di controllo, i tuoi freni inibitori, in quel torpore alcolico d’ordinanza che aleggia tra le lunghe teorie di luci stordenti e le adrenaliniche insegne dei giovani locali sul mare, con l’azzeramento del sonno, le facili sbronze adolescenziali, le pericolose calate, le favolose ciucche e le vaghe promesse di un qualsiasi posto di vacanza. Non si può proibire lo sballo, non è necessariamente un incubo che ti rende un relitto umano e ti inghiotte, anche se Lloret de Mar, con le sue innumerevoli porte aperte, le sue spiagge quasi inutili, la sua ebbrezza artificale e la sua notte dagli occhi sempre spalancati, resta un luogo sospeso nel vuoto come tanti altri dai prezzi accessibili che gli assomigliano e che sono dappertutto, in cui continuare a sognare la rivincita sulla quotidianità dove ci si fa e ci si disfa dimenticando talvolta le istruzioni fondamentali di noi stessi, tralasciando pezzi che una volta smontati non saremo in grado di ricomporre come prima. E’ una storia già scritta, quella di una ragazza normale di nome Francesca, che faceva cose semplici, che aveva aspirazioni legittime e nutriva i sogni d’una qualsiasi ragazza di 23 anni: moralmente integra, rigorosa il giusto, esuberante ed euforica il giusto, timorosa il giusto. Alla tua età non ci si può pentire per il proposito d’indossare il vestito più sexy, per la speranza d’incontrare nuove persone pur nella piacevole confusione del divertimento, anche il più banale, tra birre rancide e alitate canine. Non puoi separarti dall’idea di una contentezza da dividere spensieratamente in moltitudine solo perché puoi essere la vittima designata di un bruto nei paraggi. Certo, il divertimento ha le sue regole e la sua follìa. Però non è nemmeno condannabile lasciarsi prendere nelle nuvole della frivolezza per poco, perché tutti abbiamo tirato tardi la notte, riso irragionevolmente, ballato senza musica, e ci siamo sentiti in fusione anche fisica senza per questo permettere a chiunque di sfregiarci fuori e dentro. Nessuno può rubarti un momento di svago, magari facendoti bere un mix di alcol e droga per approfittarsi tranquillamente di te. La questione rimane piuttosto fino che punto divertirsi rimanendo vigili di sé stessi, col passo fermo sul confine tra coscienza e coglionaggine. Dopo, a parole, tutto è inutile e nulla ti restituisce la vita e forse la dignità che avevi. Nel dolore che si prova per una vita persa assurdamente, non c’è infatti alcunchè di nuovo a riscoprire l’essenza che scompare mentre il superfluo insiste, persiste, imperversa, e infierisce. Non c’entra nulla la condanna alla bramosìa scanzonata di buttarsi a capofitto nelle tenebre dove sono in agguato mille insidie, inclusa la morte. Nemmeno il fatto che esistano menti criminali, o di sconvolti dall’irresponsabilità dei loro atti, in perenne attesa di fronte all’acqua intorbidita con la loro invisibile canna da pesca. Perché c’è chi il tempo è capace di sospenderlo e di riprenderlo un istante dopo il divertimento, e chi si ostina a stordirsi e a stordire per trattenerlo, cercando pure di farlo scorrere all’indietro. E c’è sempre chi alzerà le spalle, dopo, e dichiarerà “in fondo se l’è cercata”. Ma essere presenti per affermarlo non ci rende migliori né ci conferisce il diritto inappellabile a ergerci a giudici degli altri. Che silenzio resta dopo una morte che non ha senso? O dopo un “errore”, come può penosamente blaterare uno stupido assassino dopo la cattura? Eppure è la stessa sensazione di impotenza, di assenza, d’inspiegabile pieno o come altro vogliamo chiamarlo, di quello che conosciamo tutti, perché non ci sono mai troppe parole per definirlo. Non è irrecuperabilmente ingenua o da condannare una ragazza che vuole soltanto staccare per un po’ dalla vita di sempre e divertirsi, in compagnia come da sola. Gli uomini lo sanno, e devono aver coraggio di ammettere che per una donna abbassare le difese per allegria non è per niente il segnale di un’autorizzazione a qualunque trasgressione, come all’umiliazione totale. Sesso, droga, sensazioni estreme. Circolano sempre troppi stereotipi, troppa retorica, troppe insinuazioni durante le celebrazioni delle persone che non possono rispondere. E’ così allora che la prima cosa che ci salta in mente e che diciamo è che te la sei andata a cercare, Federica, perché non sappiamo trovare risposte migliori ad un nostro possibile e irrimediabile comportamento idiota. Mentre dovremmo ricordarti e consigliarti, questa volta come tutte le altre in cui è capitato e purtroppo capiterà in un luogo di svago caotico e un po’ modaiolo, di non trascurare il tuo bicchiere vicino a gente che non conosci bene, scegliere di non restare sola nella notte, di fidarti meno, anche di te stessa, e di coprirti maggiormente, in confidenza verbale come fisica. E’ bastato fottutamente poco per perderti, e adesso che a te non serve più, chiederti scusa come a tutte le altre che dopo aver subìto un atto bestiale, e comunque a tradimento, devono addirittura difendersi perché qualcuno le bolla come provocatrici, mentre è chi le aggettiva ad aver paura di ammettere che basterebbe una sola variabile per voltare in bene un finale altrimenti tragico, e a tramutarlo in un racconto da riportare a casa con l’allegria della gioventù. Non è stata colpa tua, lo sappiamo, come di tutte le altre ragazze che perdono l’ingenuità e qualcos’altro di più importante, perché sarebbe altrimenti come riconoscere che è dipeso unicamente da te, e non da chi hai incontrato sulla tua strada. La nostra raccomandazione a restare comunque in guardia la prossima volta è come la lezione da accettare e riportare indietro, dimostrando a te stessa di averla compresa, perché vorremmo riparlarne, rivederti felice per lo scampato pericolo e sorridente com’eri e ti ricorderanno. E’ l’unico modo per pensarti finalmente a casa, tra chi ti ama e ti rispetta.

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