(Da "Realtà Vicentina", anno XIX, n. 10, luglio 2008)
“I miei brevi racconti non parlano di primavere silenziose, di alberi rinsecchiti… ma di cose che ancora si possono godere purché si abbia desiderio di vita, volontà di camminare e pazienza di osservare.” (Mario Rigoni Stern, “Uomini, boschi e api”)
Austero, silenzioso, composto come sempre, il Sergente Mario se n’è andato in punta di piedi. Ci ha insegnato tante cose, descrivendoci con le parole più semplici le leggi immutabili che regolano l’umanità e i sentimenti delle persone. Semplici e ignari protagonisti di vite da raccontare per la loro splendida specificità: boscaioli, minatori, allevatori di bestie, giardinieri, ferrovieri, venditori di stampe, recuperanti, migranti. Con l’arte della sua semplicità ci ha dimostrato che si può conoscere la vita osservando le stagioni, gli uomini e gli animali che abitano il nostro stesso tempo da una contrada al confine della porzione che ognuno di noi riceve in affido, senza la necessità di compiere infiniti, e talvolta inutilmente sfiancanti, viaggi continentali. Non è davvero poco, e non potremo mai finire di ringraziarlo soltanto per questa lezione.
Mario Rigoni Stern è un arguto scrittore che ha conosciuto sulla sua pelle il dramma della più pagliaccesca follìa umana, la guerra, ed un uomo che ha saputo fermarsi ad ascoltare la sottile ed inestimabile lirica della vita, conservandone il segreto nello scrigno del proprio silenzio anche per consegnarlo intatto un giorno a coloro, come molti dei suoi compagni nella tragica campagna di Russia, che non ebbero il tempo di scoprirlo fino in fondo.
Infaticabile testimone oculare di ciò che è l’orrore e di ciò che è il riscatto di un’esistenza altrimenti perduta, nel suo animo era rimasto conficcato il chiodo ghiacciato di un inverno maledetto, l’immagine d’interminabili colonne di uomini diretti al sacrificio più o meno consapevolmente, il pregnante odore del grasso sulla bocca della canna di un ridicolo fucile, il senso della presenza circostante della morte, in perenne e dolcissimo agguato, ma anche l’indimenticabile gusto delle patate rimediate nelle isbe, e il ritorno al vero giorno, alla vera vita. Quel chiodo non è così riuscito a soffocare la sua voce. Una volta tornato a casa, tra le sue montagne, Rigoni Stern comprese che sarebbe stata questa la sua missione: essere il cantore della speranza che non si arrende, non decade, non è intaccata dalle nostre angosce, qualunque ne sia la ragione.
Nel resto della sua vita Mario Rigoni Stern ci ha raffigurato con la sua penna frammenti di grandiosa bellezza, insegnandoci a ripartire indomiti, a non cedere all’egoismo e alla grettezza, a credere invece nella fratellanza, nella solidarietà, nella condivisione, perché è il senso stesso della vita a imporcelo. Oltre alle memorabili storie di animali, come possono essere quella del capriolo rimasto ferito in un rastrellamento che diventa una vendetta partigiana, del picchio rosso, della pernice bianca, delle api e dell’urogallo come del fagiano di monte o dell’asina Giorgia, da vero uomo delle montagne Rigoni Stern ha saputo descrivere magistralmente l’eterno ritorno a casa e raccontare la vita quotidiana che riparte comunque ogni giorno serenamente, con i suoi insostituibili personaggi.
Le sue dolorose cicatrici interiori sono diventate in questo modo le note di uno spartito di musica rigenerante, perchè radiosa e pulsante di amore in tutto ciò che significa essere semplicemente un uomo che abita il suo tempo e interagisce con la terra cui appartiene.
Altrettanto grande egli è stato nel descriverci il suono e le suggestioni dei temporali di primavera, come a rievocare il sordo rimbombo e le voci confuse dei commilitoni perduti durante la guerra, i segni sulla neve per ricordarne anche gli ultimi passi, l’affannata fuga per la vita dei ghiri e delle lepri, perché in fondo forse siamo davvero così pure noi uomini.
Tutti i libri di Mario Rigoni Stern sono animati e amati dalla gente semplice, perché è al loro nobile animo ch’egli non cesserà di rivolgersi. Usciti stremati da una guerra insensata come tutte le altre, gli abitanti del suo cuore ripartono dalle macerie dell’anima e dai relitti del loro tempo per ricomporre i tasselli di una nuova esistenza e rivivere i giorni di una rinnovata speranza.
Rigoni Stern conosceva erbe, pietre, funghi, canti di uccelli, e amava particolarmente gli alberi, intrecciando le proprie riflessioni sulla consonanza di destino fra questi e gli uomini, chiusi nella parabola eterna di nascita e morte, di gioia e sofferenza. Sapeva che lassù, in un posto lontano dai clamori e dagli affanni, la neve scende sempre silenziosa e puntuale, e che la natura alla fine dà una risposta a tutti: il dolore straziante inferto dal male, che pure si accanisce sull’uomo in ginocchio, è soltanto una componente essenziale della nostra vita.
Le persone comuni hanno raccolto il suo piccolo-grande messaggio, gli hanno voluto e gliene vorranno sempre: non esiste un miglior premio della riconoscenza silenziosa della tua stessa gente.
E adesso, Sergente Mario, siamo noi ad augurare buon cammino a te che ti sei avviato per precederci, come si sente in dovere di fare una seria, scrupolosa e premurosa guida.
Nel confortevole tepore della notte eterna, finalmente ritrovati, i tuoi fedeli compagni della raccolta interiore alla solitudine avranno molte cose da ricordarti.
“I miei brevi racconti non parlano di primavere silenziose, di alberi rinsecchiti… ma di cose che ancora si possono godere purché si abbia desiderio di vita, volontà di camminare e pazienza di osservare.” (Mario Rigoni Stern, “Uomini, boschi e api”)
Austero, silenzioso, composto come sempre, il Sergente Mario se n’è andato in punta di piedi. Ci ha insegnato tante cose, descrivendoci con le parole più semplici le leggi immutabili che regolano l’umanità e i sentimenti delle persone. Semplici e ignari protagonisti di vite da raccontare per la loro splendida specificità: boscaioli, minatori, allevatori di bestie, giardinieri, ferrovieri, venditori di stampe, recuperanti, migranti. Con l’arte della sua semplicità ci ha dimostrato che si può conoscere la vita osservando le stagioni, gli uomini e gli animali che abitano il nostro stesso tempo da una contrada al confine della porzione che ognuno di noi riceve in affido, senza la necessità di compiere infiniti, e talvolta inutilmente sfiancanti, viaggi continentali. Non è davvero poco, e non potremo mai finire di ringraziarlo soltanto per questa lezione.
Mario Rigoni Stern è un arguto scrittore che ha conosciuto sulla sua pelle il dramma della più pagliaccesca follìa umana, la guerra, ed un uomo che ha saputo fermarsi ad ascoltare la sottile ed inestimabile lirica della vita, conservandone il segreto nello scrigno del proprio silenzio anche per consegnarlo intatto un giorno a coloro, come molti dei suoi compagni nella tragica campagna di Russia, che non ebbero il tempo di scoprirlo fino in fondo.
Infaticabile testimone oculare di ciò che è l’orrore e di ciò che è il riscatto di un’esistenza altrimenti perduta, nel suo animo era rimasto conficcato il chiodo ghiacciato di un inverno maledetto, l’immagine d’interminabili colonne di uomini diretti al sacrificio più o meno consapevolmente, il pregnante odore del grasso sulla bocca della canna di un ridicolo fucile, il senso della presenza circostante della morte, in perenne e dolcissimo agguato, ma anche l’indimenticabile gusto delle patate rimediate nelle isbe, e il ritorno al vero giorno, alla vera vita. Quel chiodo non è così riuscito a soffocare la sua voce. Una volta tornato a casa, tra le sue montagne, Rigoni Stern comprese che sarebbe stata questa la sua missione: essere il cantore della speranza che non si arrende, non decade, non è intaccata dalle nostre angosce, qualunque ne sia la ragione.
Nel resto della sua vita Mario Rigoni Stern ci ha raffigurato con la sua penna frammenti di grandiosa bellezza, insegnandoci a ripartire indomiti, a non cedere all’egoismo e alla grettezza, a credere invece nella fratellanza, nella solidarietà, nella condivisione, perché è il senso stesso della vita a imporcelo. Oltre alle memorabili storie di animali, come possono essere quella del capriolo rimasto ferito in un rastrellamento che diventa una vendetta partigiana, del picchio rosso, della pernice bianca, delle api e dell’urogallo come del fagiano di monte o dell’asina Giorgia, da vero uomo delle montagne Rigoni Stern ha saputo descrivere magistralmente l’eterno ritorno a casa e raccontare la vita quotidiana che riparte comunque ogni giorno serenamente, con i suoi insostituibili personaggi.
Le sue dolorose cicatrici interiori sono diventate in questo modo le note di uno spartito di musica rigenerante, perchè radiosa e pulsante di amore in tutto ciò che significa essere semplicemente un uomo che abita il suo tempo e interagisce con la terra cui appartiene.
Altrettanto grande egli è stato nel descriverci il suono e le suggestioni dei temporali di primavera, come a rievocare il sordo rimbombo e le voci confuse dei commilitoni perduti durante la guerra, i segni sulla neve per ricordarne anche gli ultimi passi, l’affannata fuga per la vita dei ghiri e delle lepri, perché in fondo forse siamo davvero così pure noi uomini.
Tutti i libri di Mario Rigoni Stern sono animati e amati dalla gente semplice, perché è al loro nobile animo ch’egli non cesserà di rivolgersi. Usciti stremati da una guerra insensata come tutte le altre, gli abitanti del suo cuore ripartono dalle macerie dell’anima e dai relitti del loro tempo per ricomporre i tasselli di una nuova esistenza e rivivere i giorni di una rinnovata speranza.
Rigoni Stern conosceva erbe, pietre, funghi, canti di uccelli, e amava particolarmente gli alberi, intrecciando le proprie riflessioni sulla consonanza di destino fra questi e gli uomini, chiusi nella parabola eterna di nascita e morte, di gioia e sofferenza. Sapeva che lassù, in un posto lontano dai clamori e dagli affanni, la neve scende sempre silenziosa e puntuale, e che la natura alla fine dà una risposta a tutti: il dolore straziante inferto dal male, che pure si accanisce sull’uomo in ginocchio, è soltanto una componente essenziale della nostra vita.
Le persone comuni hanno raccolto il suo piccolo-grande messaggio, gli hanno voluto e gliene vorranno sempre: non esiste un miglior premio della riconoscenza silenziosa della tua stessa gente.
E adesso, Sergente Mario, siamo noi ad augurare buon cammino a te che ti sei avviato per precederci, come si sente in dovere di fare una seria, scrupolosa e premurosa guida.
Nel confortevole tepore della notte eterna, finalmente ritrovati, i tuoi fedeli compagni della raccolta interiore alla solitudine avranno molte cose da ricordarti.
2 commenti:
I vicentini possono essere fieri di un autore come M.Rigoni Stern, che riusciva a trasmettere l'amore per la natura con molta semplicità e spontaneità...Mi dispiace non averlo potuto conoscere personalmente, penso sarebbe stata una bella occasione per crescere culturalmente. E pensando alla "ricchezza culturale" del vicentino, mi torna in mente, ad un anno dalla sua scomparsa (proprio il 26 giugno 2007), Luigi Meneghello...altro autore a mio avviso eccezionale nell'affrontare certi temi con la giusta ironia...(il comune del suo paese natale, Malo, credo gli dedichi un convegno il 26-27-28 giugno). Dicendo questo non voglio costringere l'autore del blog ad accontentarmi con una sua opinione...anche se mi farebbe piacere!!! Gioia
Ciao Saverio!Ho finalmente letto ciò che hai scritto riguardo Mario Rigoni Stern....come sempre le parole che hai usato sono le più appropriate...trasmettono una grande serenità, la stessa che mi ha fatto subito ricordare il quadro di Millet:"L'Angelus".Ho la sensazione che la pace descritta sia lo stessa....soltanto con mezzi diversi. E credo che entrambi possano essere validi esempi di come sia possibile affrontare le difficoltà della vita, rapportandosi ad essa con grande ottimismo. Complimenti ancora per quello che scrivi! Enrica
Posta un commento