[…] Il fatto è che, purtroppo, le grandi questioni di questo Paese rimangono fuori della porta. Alle piazze ribollenti non ci si sogna di proporre una seria riflessione sulla disoccupazione giovanile, sul delicato problema della ristrutturazione industriale, sul dovere di lavorare insieme per produrre una scuola ed una università all’altezza dei tempi (per cui non bastano [...] proclami di buona volontà), sull’impellenza di una riforma della sanità e anche della giustizia, a cominciare da quella civile le cui disfunzioni tanto pesano su questo Paese.
Ci pare che non valga più il vecchio schema che vigeva ai tempi dei grandi partiti ideologici: alle elezioni compattiamo i rispettivi eserciti e raccogliamo il massimo dei voti possibili, poi, visto che la delega che riceviamo è sostanzialmente in bianco, ci sarà tempo per fare, magari senza troppo clamore, quei negoziati necessari a mandare avanti il Paese. Oggi le ideologie non esistono più ed i surrogati degli appelli basati sulla parodia dell’antifascismo e dell’antibolscevismo non portano molto avanti. La gente vorrebbe buona politica e divisioni razionali e ragionevoli sulle cose da fare: non rispondere a questa domanda profonda è una forma molto pericolosa di giocare col fuoco.” (Un ringraziamento personale a Paolo Pombeni)
domenica 14 marzo 2010
L'ITALIA FUORI DALLA PORTA
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