Il secondo romanzo storico di Saverio Mirijello racconta la
vita di un “cecchino” italiano, un
soldato scelto per la sua comprovata abilità nel tiro e nei movimenti sul
terreno, individuato per assolvere un ruolo ingrato e pericolosissimo che lo
porterà infine in uno dei luoghi più terribili della Grande Guerra, il Monte
Pasubio. Lassù, su quella montagna tormentata che gli stessi austroungarici
chiameranno “la caldaia delle streghe”, vivrà la sua esperienza più estrema che
lo condurrà sino ad una sorta di battaglia personale contro il suo omologo
dell’esercito imperiale. Una guerra fatta di silenzi e movimenti furtivi, di
tracce cancellate e di impercettibili odori portati dal cambiare del vento, di
uomini soli con il proprio fucile che scrutano per ore attraverso il mirino del
cannocchiale le postazioni nemiche o gli anfratti più inaccessibili dai quali
si sentono perennemente osservati. E
tra la terribile routine della battaglia, con i suoi assalti disperati e sotto
i bombardamenti più pesanti, con i soldati perseguitati dalle valanghe o da una
sete inestinguibile, la guerra per lui si riduce a un colpo solo, perfettamente
studiato, sparato nell’istante giusto. Eppure non c’è vendetta nei suoi occhi,
non c’è rancore nei suoi pensieri; così mentre migliaia di uomini scavano la
roccia per fuggire alla distruzione o cercare a loro volta di fare saltare le
postazioni nemiche, lui dorme sotto un cielo infinito i sonni più tormentati,
nella spasmodica attesa che le prime luci dell’alba gli indichino il bersaglio.
In questa storia emozionante e raccontata sullo sfondo di più generali eventi
storici realmente accaduti, il
protagonista vede cadere uno dopo l’altro tanti commilitoni della prima ora,
soldati d’ogni parte d’Italia, in quello che diventa un realistico affresco
della guerra in prima linea. Sino al giorno in cui la caccia della quale era protagonista, ma anche vittima, lo
porterà infine a scontrarsi corpo a corpo proprio con il fantasma che ossessionava le sue missioni.
(Da: www.memoriaestoria.it/libri/)
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