Sono passati 20 anni dai cosiddetti "incidenti della Piazza Tien An Men", la grande rivolta cinese capitanata dagli studenti universitari, scoppiata nell'aprile 1989 e finita in giugno, soffocata nel sangue, che ebbe il suo culmine a metà maggio, con l'occupazione della grande piazza di Pechino. Non è mai stata fornita una versione ufficiale di quanti furono uccisi sulla stessa piazza, quando all'esercito fu dato l'ordine di sparare sulla folla. Ma ci furono altri morti: quelli successivi, quelli processati e quelli condannati per aver preso parte o capeggiato la rivolta. La Cina di oggi sarebbe diversa se il governo avesse reagito in altro modo alla rivolta popolare? Nessuno può saperlo. La Cina cresceva già a quel tempo ad un ritmo del 10% annuo. Deng Xiao Ping, vera figura dominante del Paese nonostante non avesse cariche importanti, a parte la presidenza della Commissione militare, riconosciuto mente della repressione, fu lo stesso che negli anni Novanta fece aprire le porte al Mercato e pose le basi per fare della Cina la potenza mondiale che è oggi. La politica ha spesso ben poco a che fare con la morale, e la prosperità che ne deriva molte volte è l'ultima conseguenza di una perversa sequenza di orrori e tragedie.
martedì 2 giugno 2009
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