Per apprezzare il bellissimo Mondiale di Calcio 2010 giocato dalla Germania, indipendentemente dal risultato finale, bisogna immaginare uomini di molti anni fa, spinti dalla mancanza di un lavoro o dal desiderio di un futuro migliore, all'emigrazione in quel Paese, da soli o con le famiglie. Ai loro figli, a scuola con i bambini alti e biondi dei vicini di casa, in un'età in cui non esiste differenza di lingua, di tradizioni o di colore della pelle che non si dissolva giocando a pallone. E adesso, quegli stessi bambini di origine tunisina, turca, bosniaca o polacca, ragazzi sani, puliti, forti e ambiziosi come avrebbero diritto ad essere tutti i loro coetanei, cresciuti in una nuova Patria, oramai figli di una nuova società e di un nuovo Mondo, parlando un linguaggio universale come quello di un pallone da calciare, difendono i colori di un nuovo Paese, e di una squadra dall'età media e dalla mentalità fresche e giovani. La Francia multietnica campione del 1998 era stata una finestra sul futuro, ma allo stesso tempo il frutto estremo dell'era coloniale. La nuova Germania dei figli di uomini in viaggio, invece, nasce proprio dal fenomeno epocale delle migrazioni di massa.
domenica 4 luglio 2010
UNA PORTA APERTA AL FUTURO
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